lunedì, 29 Aprile 2024

Concorsi Pubblici e Grandi Dimissioni, due fenomeni complessi: il caso in Italia

La fuga dai concorsi pubblici e il fenomeno delle Grandi Dimissioni hanno segnato l'Italia post pandemica: ecco quanto c'è di vero

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Il periodo post pandemico in Italia è stato segnato da due grandi fenomeni, in qualche modo connessi e molto importanti: la fuga dai concorsi pubblici e le cosiddette “Grandi Dimissioni”. Finora ne abbiamo sentito parlare quasi esclusivamente come un fenomeno circoscritto ad alcuni Paesi esteri, di cosa si tratta? Quanto sta contribuendo alla crisi del mercato lavorativo in Italia? E soprattutto, quanto c’è di vero in questi due fenomeni culturalmente complessi?

IL FENOMENO DELLE GRANDI DIMISSIONI: ETIMOLOGIA E DATI ITALIANI

Il termine Grandi Dimissioni, dall’inglese Great Resignation, è stato coniato da Anthony Klotz, professore di management alla Mays Business School della Texas A&M University, che ha previsto l’esodo di massa nel maggio 2021 negli Stati Uniti. Questo fenomeno indica la scelta dei dipendenti di dimettersi volontariamente dai posti di lavoro. Sebbene le Grandi Dimissioni siano partite dagli USA, è bene specificare che nell’era post pandemica si sono diffuse in tutto il mondo, Italia compresa.

Nel nostro Paese, infatti, sono quasi 2 milioni e 200mila le dimissioni registrate nel 2022, con un aumento del 13,8% rispetto al 2021. Per intenderci, rispetto al periodo pre-pandemico, le dimissioni volontarie hanno rappresentato ben il 67% delle cessazioni totali dei rapporti di lavoro. Secondo uno studio del Politecnico di Milano, tra i principali motivi di questo esodo vi sarebbe per il 25% la ricerca di modalità di lavoro più agili mentre l’83% del campione intervistato ha riscontrato malessere emotivo e assenza di riconoscimento di meriti.

Sono proprio i dipendenti tra i 25 e i 40 anni a chiedere maggiori tutele a livello lavorativo e più benessere psico-fisico in azienda.

FUGA DAI CONCORSI PUBBLICI

Nel contesto italiano, i concorsi pubblici sono stati a lungo considerati un’opportunità di lavoro stabile e sicura. I concorsi consentono ai candidati di competere per posti di lavoro nel settore pubblico, come impiegati, insegnanti, poliziotti e altro ancora. Tali posizioni offrono spesso una sicurezza lavorativa superiore rispetto a molte posizioni nel settore privato e solitamente includono benefici e stipendi sufficienti per una vita dignitosa.

Tuttavia, negli ultimi anni, c’è stata una diminuzione dell’interesse e della partecipazione ai concorsi pubblici in Italia. Un vero e proprio flop iniziato nel 2021 dal Concorso per 2.800 funzionari al Sud, fino al Concorso Coesione del 2022. Come mai i concorsi non risultano più appetibili?

Tra le motivazioni figurano:

  • Mancanza dei posti di lavoro;
  • Procedure complesse;
  • Atteggiamento negativo nei confronti nel settore pubblico;
  • Prospettiva di carriera limitata;
  • Emigrazione.

Inoltre, è da sottolineare come la maggior parte delle procedure siano pensate per reclutare personale a tempo determinato, un previsione rivelatasi sbagliata. Il rischio è quello di acquisire risorse per poi vederle andare via in quanto vincitrici di concorsi a tempo indeterminato.

IL LAVORATORE AL CENTRO DEL PROCESSO DI SELEZIONE

Queste riflessioni pongono i riflettori su una questione drasticamente cambiata nel corso degli anni: ad oggi, è il lavoratore al centro del processo di selezione e non più il datore di lavoro. È necessario, dunque, rendere i posti di lavoro più appetibili, luoghi in cui valga la pena misurarsi e crescere e non come una scelta di ripiego.

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