giovedì, 28 Marzo 2024

Concorso Coesione, metodo Brunetta: ecco perché si è rivelato un flop

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Dopo mesi dalla conclusione del Concorso Coesione che portato all’assunzione di 2.800 tecnici al Sud Italia, si continua a parlare del flop in cui la procedura si è rivelata. Nonostante sia terminato e a breve ne verrà bandito uno nuovo, sempre per il Mezzogiorno, ci si chiede il perché di questo fiasco.

Come discusso per mesi, questo concorso è stato il primo che ha sperimentato il metodo del Ministero della PA, Renato Brunetta. Il ministro, infatti, ha introdotto delle nuove norme per accelerare le selezioni e, di conseguenza, per accorciare i tempi della procedura. Nonostante le buone intenzioni di queste norme, tutto ciò ha creato scontento nei candidati e negli aspiranti tali.

LA COLPA È TUTTA DEL MINISTRO

A settimane dall’inizio delle convocazioni, alcuni vincitori del concorso, come rivelato a ilfattoquotidiano.it, non hanno più intenzione a presentarsi presso i Comuni. Il motivo? Diversi di loro sono letteralmente “senza la minima esperienza”, ma i Comuni hanno richiesto loro le loro esperienze e i titoli di studio.

Ma tutti questi errori sono da imputare unicamente al ministro Brunetta? “Ma non ci sono mai responsabilità a senso unico e, soprattutto, non sono riconducibili a un’unica causa di breve periodo”, spiega a ilfattoquotidiano.it il segretario nazionale Fp Cgil Florindo Oliverio L’uomo ha inoltre ricordato “lo stesso concorso era già partito con la ministra Fabiana Dadone, allora ministro per la PA”.

CONCORSO COESIONE: LE DIFFICOLTÀ 

Come detto in precedenza, il Concorso Coesione si è rivelato pieno di ostacoli. Fin da subito, infatti, la procedura è finita al centro della polemica per via delle norme introdotte dal metodo Brunetta. Ricordiamo che le norme introdotte dal ministro della PA consistono nella sostituzione della prova pre-selettiva con la valutazione dei titoli e, eventualmente, dell’esperienza lavorativa.

Questa tipologia di selezione è stata duramente criticata. Infatti, discriminava i neolaureati e neodiplomati che non erano in possesso di un master o di esperienza pregressa. Infine queste norme sono risultate un ostacolo per coloro che si trovano in condizioni meno agiate, che non gli hanno quindi dato l’opportunità di fare esperienza o di poter conseguire titoli costosi.

CONCORSO COESIONE: IL FLOP

Il vero flop, però, è avvenuto per coloro che invece avevano presentato domanda di partecipazione e possedevano tutti i requisiti richiesti. Sebbene ritenuti idonei, infatti, il 65% di essi non si è presentato alla prova scritta, in alcune Regioni, inoltre, non si è arrivati neppure agli 8.582 candidati ammessi per titolo.

Davanti a questi numeri, si è deciso di rivedere dei passaggi e di fare dei passi indietro. Sono infatti risultati idonei coloro che non avevano inizialmente superato lo sbarramento.

Nonostante tutto, però, non si è raggiunto il numero in nessuno dei profili professionali messi a concorso. Proprio per questo, il ministro Brunetta si è trovato costretto a dover programmare un nuovo concorso che andrà a raggiungere il numero previsto dal primo Concorso Coesione.

CONCORSO COESIONE: CONDIZIONI

A stupire e a far rendere conto del flop delle nuove norme di concorso, è stato constatare che a non partecipare sono stati proprio i più preparati ed esperti. Perché cio?

Le condizioni poste nel Concorso Coesione non sono state affatto allettanti. Lo stipendio basso per l’alta specializzazione richiesta (il compenso mensile oscillava tra i 1.400-1.500 euro), la tipologia di contratto.  A sottolinearne i problemi dati dalla procedura concorsuale, spiegandone il perché è stato Oliviero a ilfattoquotidiano.it.

Secondo Oliverio, oltre ad un fattore economico, il problema è dato della gerarchia che vede un giovane laureato in ingegneria o informatica essere giudicato da chi non ha competenze. Inoltre, vi è un’assenza della mobilità di carriera che, davanti a tutte queste problematiche della PA, Oliviero ha annunciato:

“Stiamo cercando di porre rimedio a queste situazioni con la definizione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro. Ma da soli gli interventi contrattuali non bastano, se non muta intanto nella società la considerazione che si ha del lavoro pubblico”.

Il flop del concorso ha evidenziato come tutti questi problemi hanno radici ben profonde: “È bastato solo vedere l’uscita dal tunnel della pandemia – aggiunge – per far ripartire nelle amministrazioni pubbliche il vecchio vizio di giudicare il lavoro degli addetti solo dal punto di vista dell’osservazione formale di regole e, quindi, ritornare al controllo ‘de visu’ dei propri collaboratori da parte della dirigenza, anziché investire sulla capacità di autonomia e responsabilità dei dipendenti”.

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