giovedì, 25 Aprile 2024

Concorsi, pesanti critiche alla riforma Brunetta: penalizzati i neolaureati

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La cosiddetta riforma Brunetta ha stravolto il settore dei concorsi pubblici ed è destinata a far parlare di sé ancora a lungo. Noi ne avevamo parlato in questo articolo, spiegando tutte le novità comportate dalla rivoluzione.

Sono stati molti i commenti positivi, ancor di più però sono state le pesanti critiche. C’è ad esempio addirittura chi ha definito la riforma Brunetta come una delle peggiori sciagure. Ma qual è il punto debole di questo netto cambiamento nel mondo dei concorsi pubblici?

Sicuramente la poca considerazione nei confronti dei giovani italiani, sempre più allontanati dal centro dell’attenzione e sempre più inclini quindi ad alimentare il cosiddetto fenomeno della fuga di cervelli. I più penalizzati dalla riforma Brunetta sembrano essere infatti proprio i neolaureati, andiamo a vedere perché.

Critiche alla riforma Brunetta: neolaureati penalizzati

Molto semplice capire perché i giovani neolaureati si sentano così fortemente penalizzati dalla riforma Brunetta. Il motivo di queste critiche risiede nei bassi punteggi attribuiti ai titoli universitari e di formazione, a vantaggio dell’esperienza del candidato.

Come si evince dagli ultimi bandi pubblicati, i titoli di studio permettono al candidato di ottenere 4 punti al massimo. Per una laurea triennale, si guadagnano da 0.01 a 0.1 punti in base al voto finale. Una laurea specialistica vale 0.5 punti, una seconda laurea ne vale invece appena 0.25. I master di primo livello valgono 0.5, quelli di secondo livello valgono invece 1 punto.

La differenza dei punti ottenuti in ambito formativo, confrontata con quella ottenuta con l’esperienza, appare abissale. Le esperienze lavorative nella Pubblica Amministrazione possono invece fruttare al candidato sino addirittura a 6 punti (1 punto per ogni anno di lavoro).

Una disparità non accettabile, soprattutto in un Paese che da tempo offre pochissime opportunità ai giovani italiani. La tematica va affrontata prima che sia troppo tardi, anche perché la fuga di cervelli dall’Italia all’estero è un fenomeno sempre più dilagante.

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